Questo è uno dei più tradizionali piatti della cucina tipica salentina, viene proposto quasi ovunque e nella sua semplicità è la sintesi della cucina “povera” contadina. Era il nutrimento base dei lavoratori dei trappiti, quando per alcuni mesi vivevano all’interno dei frantoi ipogei.
Si utilizzano le fave secche, senza buccia e divise in due (cioè i due cotiledoni separati), le cosiddette fave nette; la cicoria dovrebbe essere quella selvatica, ma non essendo disponibile in tutte le stagioni viene sostituita con la cicoria coltivata (la catalogna).
Mettere a bagno le fave secche per 12 ore, togliere l’acqua di ammollo e mettere in pentola (possibilmente di terracotta) con una cipolla, due pomodorini, poco sedano e sale, coprire di acqua e cuocere fino a che le fave si riducono a purè (una volta cotte ci si può aiutare con un frullatore ad immersione, il purè deve risultare appena un pò meno denso di quello di patate).
Nel frattempo si lessano in abbondante acqua salata le cicorielle selvatiche.
I due ingredienti vengono serviti nello stesso piatto e si mangiano assolutamente assieme, conditi con un filo di olio d’oliva crudo, una squisitezza!!!
a cura de La Meta
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